sabato 3 settembre 2011

Tre uomini in barca di Jerome


Tre uomini in barca è un piccolo gioiello. Un libro scritto con un vis comica ormai perduta - andrebbe consigliato a quelle miriadi di comici che infestano le tv italiane e che pretendono di far ridere risultando solamente volgari (spesso solo insipidi - la morte della comicità, no?).
Jerome riesce a far ridere e ci riesce bene. Memorabili sono alcune scene del libro, tra le quali è doveroso ricordare quella di zio Podger e il quadro, quella dove si fanno i preparativi per la partenza - impagabile il passo dedicato allo spazzolino da denti -, la breve scena dedicata a Montmorency e il bricco del tè, e infine quella dove si prepara lo stufato irlandese.
Particolarmente riuscita, poiché concisa ed efficacissima, è la scena del banjo e il male al capo: superlativa.
Jerome scriveva nel XIX secolo, in quell’Inghilterra grigia e piovosa di vittoriana memoria. L’autore alterna in modo pregevole piccole chicche filosofiche, aneddoti legati alla saggezza popolare, descrizioni sublimi del paesaggio fluviale, informazioni storiche - non prive di ironia sul buon Cesare e la regina Elisabetta - a battute fulminee. La bellezza del romanzo sta nell’essere scritto usando un vocabolario forbito, consono ad un gentiluomo del XIX secolo. Jerome non è mai volgare, nemmeno quando tratta dell’anatomia umana, del sesso e dell’amore - argomenti dove risultar volgari è sempre molto facile.
Tre uomini in barca è un libro che consiglio a tutti. Ideale per una giornata estiva particolarmente noiosa.

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