Eco, sulle orme di Sue e Dumas - nel testo citati ampiamente - ha scritto un bel feuilleton.
Il Cimitero di Praga è un libro insolito?
No, per nulla.
Eco, e la sua cultura enciclopedica, emergono come sempre.
Le critiche mosse al romanzo sono assurde. Prendere per istigazioni all’antisemitismo i farneticamenti del protagonista è assurdo: anche un semplice, subito, di primo acchito, capirebbe quanto vuoto, insulso, superficiale, meschino, sia il protagonista del romanzo.
Simonini ricorda molto i furbetti del quartiere che infestano la nostra cara Italia in questi ultimi anni (e che forse sempre l’hanno infestata).
M’è molto piaciuta una delle ultime frasi del libro, dove si comprende pienamente la pochezza intellettuale del capitano Simonini. Questi, parlando dell’affaire Dreyfus, cita alcuni personaggi dell’epoca firmatari di una petizione pro Dreyfus a seguito del J'accuse di Zola. Ecco il testo di Eco: «Chi sono questi Proust, France, Sorel, Monet, Renard, Durkheim? Mai visti a casa Adam. Di questo Proust mi dicono che è un pederasta venticinquenne autore di scritti fortunatamente inediti, e Monet un imbrattatele di cui ho visto un quadro o due, dove costui sembra guardare il mondo con gli occhi cisposi.»
Questo periodo è sufficiente a palesare Simonini per ciò che realmente è: un deficiente.
Il libro è scritto molto bene. Alterna riflessioni filosofiche - volutamente spicciole di Simonini - a una forma di cronaca del risorgimento. Bellissima la parte riguardante lo Sbarco dei Mille e il profilo assegnato a Nievo.
Parigi è regina. Eco riesce a descriverla in modo magistrale, regalandoci (lunga vita alla lista) una sequela di ricette e curiosità storiche, quali il nome di alcuni rinomati ristoranti del tardo XIX secolo.
Una bella prova. Un ottimo Esercizio di Stile.
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