Solenne, bonario, ma a tratti
apocalittico come i profeti del vecchio testamente, l’on. Paniz, capo gruppo
PDL in giunta per le autorizzazioni a procedere, giusto ieri s’è prodotto in
artifici di alta retorica, degna di un Demostene, d’un Lisia, d’un Cicerone.
Paniz
signoreggia nelle brune aule tappezate di rosso (Dio Santo quanto kitsch) del
palazzo del potere di Roma; Paniz dispensa perle di saggezza; Paniz diffonde e
difende il verbo arcoriano nella valle tenebrosa okkupata dagli adepti al credo
del grande Dio dalla Toga Rossa.
La
verve gerontologica di Paniz annichilisce. Egli troneggia, incute speranza e
timore. Il primo e l’ultimo.
On. Paniz |
Leggiamolo.
On.
Paniz: Non sarà certo offrendo un altro
sacrificio umano che placheremo l’ira anticasta del popolo (plebe).
Il
sacrificando sarebbe l’on Milanese, graziato ieri dalla casta. Forse a Paniz
piacerebbe sapere che non c’è ira anticasta nella popolazione - popolo lo dica a sua sorella, e smetta i toni da
Primo Stato ante rivoluzione) ma un ben più radicato odio nei confronti della
casta. Noi, cittadini italiani, vecchi e nuovi, in patria come all’estero, noi odiamo la casta.
I
politici italiani sono il male, la causa
prima dei problemi di questo paese. Pidocchi, sanguisughe, arrivisti, buco nero
e cloaca massima della nostra società. Questo è il pensiero ricorrente
nelle menti degli italiani. Tu di’ politico e loro ti sciorinano epiteti
talmente coloriti da far impallidere uno mungitore di pecora di Ulan Bator.
On
Paniz (viso bonario, voce lisergica): Da due
mesi il nostro collega onorevole Papa langue nelle carceri in attesa di
giudizio. Bene, giusto. In Italia vi sono 70.000 detenuti nella carceri e
il 40% è in attesa di giudizio. Come l’on. Papa, quindi. La legge è uguale per
tutti, no?
Poi
viene gente come l’on Pepe - personaggio non reale, ma parto fantasy di un epigono tolkeniano, un
Grima Vermilinguo della Quinta Era (?). Leggiamolo: Qui non stiamo difendendo una persona, bensì l’istituzione. La vita di
un uomo è breve; le istituzioni vivono nell’eternità! Una frase degna del
Gibson di Braveheart. Senza senso, certo.
Subito
dopo, però, l’on Paniz ci regala un’altra perla di saggezza, un avvertimento
contro il potere rosso del tribunale di Barad-dûr (direttamente
trasportato nella penisola dalla Terra di Mordor). L’ondata giustizialista che ha sommerso il povero Papa reclama ora
un’altra vittima. Non sembra Demostene in una delle sue filippiche? Ha
anche un po’ del Cicerone, vero?
Leggiamo
l’ultima, la più bella. Sublime, colma di frustrazione, di paura (?): L’altra volta abbiamo ceduto alla piazza. Ma
la piazza ora chiede altre prede, chiederà sempre più prede.
Che
dire? Nulla! Dicono tutto loro, immaginano tutto loro.
Ma
se domani, mi auguro non molto lontano, magari in un bel giorno di primavera,
sorgesse un Robespierre novello e nostrano, on. Paniz, cosa direbbe, allora?
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