mercoledì 13 aprile 2011

Epistolario di Abelardo ed Eloisa

Quanto assurda è la storia d’Amore tra Abelardo ed Eloisa?
Così mi sono sentito domandare da una cara amica alla quale avevo consigliato il libro.
Assurda?
Sì, forse assurda.
Assurda perché in pieno XII secolo sia Abelardo che Eloisa vestivano i panni dei moderni.
Immaginatevi un Dialettico, un Logico e, checché ne abbiano detto gli allora avversari, un Teologo, che condanni le Crociate, portando come giustificazione l’errata proposizione che versare sangue in nome di Dio è sempre e comunque sbagliato! Un uomo, un religioso, che cercava che nel più puro spirito pedagogico di trasmettere ai propri studenti l’amore per la disputa e per la ricerca, e non della mera ripetizione del già detto, dove non si aggiungeva nulla. Abelardo provava a conciliare Ratio e Fides, e ci sarebbe anche riuscito se non si fosse levato contro di lui l’anatema di Bernardo di Clairvaux (non ancora Santo) e dei suoi accoliti modello.
Fu grazie ad Abelardo se a Parigi (e poi in tutta Europa) le scuole - le Università - sfuggirono al controllo vescovile: le scuole cattedrali divennero così scuole cittadine.
Questi era Abelardo.
Ed Eloisa, la più forte della coppia, la più incompresa - persino da Abelardo - ?
Giovinetta dissertava di storia. Parlava latino, greco ed ebraico. Una donna così, mille anni fa! Una donna che scrisse: “Preferisco essere la tua prostituta piuttosto che recarti disonore con il matrimonio e nuocere alla tua carriera di Maestro.”
Qualcuno, ancora oggi, crede l’epistolario tra i due un falso.
Il mio parere non conta (benché io lo creda autentico), ma se un falso è, tanti complimenti al falsario, perché ha scritto un capolavoro.
Ho sempre amato questo libro. La storia di un amore difficile, in un epoca difficile, in un mondo, appunto, non fatto per le menti troppo aperte.
Abelardo ed Eloisa hanno sfidato il mondo e le sue convenzioni.
Uno con la logica, l’altra con l’intelligenza attiva. Eloisa ha dimostrato che la donna nulla aveva da invidiare agli uomini - solo ad Abelardo, Eloisa riconosceva una caratura culturale e umana maggiore alla propria.
Eloisa, forse una Garlande, famiglia potentissima dell’Isle-de-France, ci fa quasi tenerezza quando nelle sue lettere parla dell’amore suo e di Abelardo; quando scrive di quella sua voglia d’amore, di amore vero, e non di quello imposto a fini politici e per maggior gloria della famiglia; quando scrive della sua voglia carnale, trattata sì con imbarazzo nelle lettere, ma accetta con naturalezza - più di un ormai sessualmente defunto Abelardo - in quanto un piacere sì perfetto non può avere nulla di male. Osa persino ricordare ad Abelardo che la passione li travolgeva finanche nella casa di Dio, quando Abelardo, Cluniacense a Saint-Denise, l’andava a trovare ad Argenteuil, dove lei già indossava gli abiti di novizia.
Un amore bruciante, durato per tutta la loro vita.

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