lunedì 4 aprile 2011

Mattino al parco

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Sedeva al parco da ormai tre ore e il sedere, formato USS Nimitz, gli doleva. Bellapietra gli aveva comunicato dell’incidente in cui era incorso il buon Egnazio Lucrania. Era strana, non che dovesse essere allegra, certo, ma a Salvo sembrava che nella voce al telefono risuonasse un tono d’accusa.
 « Fanculo », disse tra i denti. « Non è colpa mia se a quel reazionario in camicia nera hanno gli è stato presentato il conto. »

Un bambinetto, con non più di 8 primavere sulle spalle, puntò una pistola giocattolo contro Pirlasconi. 
« Pum, Pum », disse. « Sei morto, signore », e rise, mostrando un sorriso meraviglioso alla Mulino Bianco.

« Col cazzo », grugnì Salvo mostrando il dito medio al bambino. « Io non sono morto. Son ben vivo! E se non te ne vai con quella pistoletta del cazzo… » 
« Ah? Davvero? » La voce arrivò dall’ombra che improvvisamente s’era alzata alla sua destra. 
Salvo Pirlasconi alzò gli occhi e vide i lombi che avevano generato il bimbetto con la pistoletta. Era un uomo alto, grosso, rosso di capelli e terribilmente bianco di carnagione. Nella mano destra stringeva un guinzaglio con catene d’anelli adatti più ad un orso che ad un cane. Pirlasconi lo mise a fuoco e non riuscì a trattenere un moto di paura. Non era un orso, ma a dimensioni, gli si avvicinava parecchio.
 « Come? » chiese Pirlasconi. La voce gli uscì come un sospiro flebile, così basso da risultare quasi inudibile.
 « Dove dovrebbe andare mio figlio? Puoi ripetermelo, per favore. »
 Pirlasconi chiuse gli occhi e sperò per il meglio.

Nel frattempo le sue ascelle avevano raggiunto il limite della tollerabilità. 
« Lei puzza, signore », disse il Barbarossa della Bassa. Anche il cane sembrò approvare il padrone. Alzò la gamba destra e si produsse in un peto fragoroso, ma armonico. Obbiettivo del cane era allontanare l’odore mefitico che proveniva da quel bipede seduto con le sue flatulenze, pestilenziali sì, ma sempre meglio dell’odor di topo morto farcito che il bipede emanava. 
Sempre ad occhi chiusi Pirlasconi bofonchiò qualche parola incomprensibile. Al Barbarossa giunse soltanto un “‘anculo".
 « Fanculo? Ha detto fanculo, signore? Si? »
 Salvo sentì lo scroto arricciarsi e la pelle sulla nuca sembrava voler ritirarsi sin sulla terza vertebra cervicale.

 Il gigante rosso dalla pelle bianca accarezzò la testa del cane e gli disse: « Va', Briciola. » 
Briciola, che era un incrocio tra il San Bernardo idrofobo di Stephen King, Cujo, e Cerbero il mostro a tre teste a guardia delle porte d’Ade partì.
 Pirlasconi aveva già liberato vescica e intestini prima di capire che il gigante, il bambino e il loro cane infernale, tutti ridendo, stavano tornando sui lori passi.

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